Il figlio che non vuole crescere

Giusi dimmi cosa devo fare con mio figlio! Non so più cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, le cose con lui non vanno bene per niente e sono molto preoccupata! Vorrei parlargli ma ho paura di dire cose sbagliate…

risponde Giusi Dossena, counsellor e formatrice Kaloi

Antonia esordisce così per raccontarmi di suo figlio Luca. Siamo due amiche in vacanza, sedute ai tavolini di un delizioso locale sulle rive del Douro, a Porto. Un paradiso. Mi guardo intorno assaporando i colori del cielo, le case dipinte della Ribeira, le barche storiche per il trasporto del vino, i ponti sul fiume, la gente spensierata intorno a noi. Antonia mi sorprende con le sue parole: Luca ha 34 anni, non è un bambino. E’ un uomo. Penso che il problema sia grave per distogliere la madre dallo spettacolo in cui siamo immerse. La invito a dire di più, a farmi capire. “Vorrei fargli una telefonata ma ho paura di dire cose sbagliate…” Mi metto meglio sulla sedia, c’è qualcosa che non torna.  Poco per volta conosco la loro storia.

Luca è un aitante giovane uomo, vive con la madre (insegnante) ed è iscritto fuori corso alla facoltà di medicina. Un paio di esami facoltativi gli precludono la strada a un terzo, più impegnativo. Da qualche anno è bloccato in una situazione di impasse.  Da un lato fatica a studiare, dall’altro non cerca lavoro (per evitare di togliere energie allo studio, dice).

Il ragazzo è un tipo sveglio, socievole. Fa jogging, frequenta  con costanza una palestra, è fiero del suo aspetto e sicuro di sé nell’esprimere le sue convinzioni. Eppure non ne viene fuori. Esce poco (per non essere economicamente di peso alla madre, dice). Frequenta pochi amici.

“L’anno scorso ha detto che si sarebbe (ri)messo a studiare, che era un peccato buttar via anni di studio e competenze acquisite, ma io vedo che non succede niente…” Antonia parla a ruota libera. Racconta la sua fatica di madre separata, l’impegno a crescere due figli lavorando e cercando di non chiedere troppo alla loro adolescenza.  Ricorda le sue corse senza sosta tra lavoro, casa, uffici, supermercato, luoghi dei figli da accompagnare. Ha fatto di tutto, pur di non ostacolare i loro impegni.

“Al limite chiedevo aiuto alla figlia più grande, uno spirito pratico. Ma al più piccolo no, meglio non disturbarlo, che già la mancanza del padre era un bel lavorìo interiore, per lui.”

Mancava poverino! ma è come l’avesse detto. Antonia ha avviluppato Luca in una spessa coltre di protezione.  A 34 anni non sa pagare le bollette, non sa richiedere il codice fiscale perduto, gira con la carta d’identità scaduta perché non sa dove siano gli uffici comunali.  Comunque – dice lui – che problema c’è?

Un Codice Materno smisurato, deteriore, ha protetto Luca dai piccoli contrattempi del vivere.

Ora Luca è in gabbia, in attesa che qualcosa accada. Qualcosa di liberatorio. Che sciolga quel nodo che lo blocca in una situazione sempre più vischiosa e complicata. Ormai non basta riprendere a studiare, è necessario tenersi aggiornati sui cambiamenti accademici, organizzarsi i tirocini in corsia, districarsi nella burocrazia degli ospedali o delle istituzioni sanitarie.

Ce la farà un giovane uomo che non sa compilare un bollettino postale?

Può essere grande la tentazione di allontanare gli impicci dai figli. Forte il desiderio di essere genitori utili (necessari, ancora meglio!) che contribuiscono alla realizzazione di un orizzonte dorato. Eppure questo orizzonte, per essere raggiunto, richiede piccole e grandi abilità (responsabilità) che si costruiscono nel tempo.  Facendo. Cominciando da piccoli, con le incombenze, i contrattempi e gli intralci quotidiani: la sveglia, la preparazione della cartella, la gestione delle proprie cose, l’organizzazione del tempo, le rinunce, la fatica, il coraggio di provarci, di sporcarsi le mani. Di riprovarci, quando va male.

Penso agli occhi increduli dei ragazzini stranieri appena arrivati a scuola, quando li spedisco a chiedere un libro in ‘bidelleria’. Penso con tenerezza e orgoglio a mio nipote che si lancia, a sei anni, nell’acquisto del pane contando le monetine in tasca, mentre io e sua madre lo guardiamo dalla vetrina.  Piccole cose? Grandi vittorie per bambini che si sperimentano in situazioni nuove, superando l’ansia gestibile che va affrontata, nella vita. I termini degli psicologi (autostima specifica, autoefficacia) si costruiscono così, passo dopo passo. Riconoscendo ai bambini il diritto di fare da soli quello che sono in grado di fare da soli. Aggiungendo autonomie, mano a mano che crescono. Accettando di diventare genitori sempre più invisibili. Come dice Roberto Gilardi in Ho un Sogno per mio Figlio, la vera arte del buon genitore è l’arte di diventare inutile. L’opera d’arte è un figlio autonomo, capace, sicuro, indipendente, agile nel mondo, responsabile.

Dai un pesce ad un uomo, lo sfamerai un giorno. Insegnagli a pescare, lo sfamerai una vita – Confucio

Cara Antonia, quel giorno a Porto ti sei sfogata. Mi hai raccontato di quando i tuoi figli erano piccoli, delle tue aspettative, dei sensi di colpa per il matrimonio finito. Abbiamo riflettuto su come la tua aspirazione all’autonomia e ad essere una buona madre abbiano sottratto spazio alla loro autonomia. Dolcemente e dolorosamente ti sei resa conto di avere avuto una parte nei risultati, tanto diversi da quelli che avresti voluto e per cui pensavi di avere lottato, sfibrando te stessa. Hai chiesto e ora? Hai chiesto aiuto. I consigli sono un terreno scivoloso. Difficili da dare e da ricevere ma non voglio sottrarmi. Ti dirò quello che credo, sceglierai quello che ritieni.

Credo che sia tempo di parlare con Luca. Da adulta ad adulto. Senza processi al passato o accuse umilianti. Ma neanche con tutta quella paura di dire cose sbagliate. Credo che sia tempo, semplicemente, di parlare francamente della realtà. Della vostra reciproca età, delle risorse economiche, delle prospettive. Dei passi necessari per terminare il percorso di studio oppure, in alternativa, dei passi necessari per cambiare strada. E’ ora di concordare un tempo.  Una scadenza precisa, ragionevole, concordata e definitiva. Puoi parlare a te stessa onestamente, chiederti Chi vuole la laurea in medicina? Chi vuole Peter Pan? e lasciare andare.

Puoi decidere fino a dove (e non oltre) vuoi arrivare. Puoi posizionarti con chiarezza e fermezza, sapendo che questo aiuterà entrambi. Luca avrà modo e tempo di pensarsi. Di orientarsi, scegliere. Farsi aiutare. Per uscire dal poco-nulla in cui è invischiato. E cominciare a volare.

Translate »