Blue whale, Hacker Pedofili, Medicinali Assassini… che fare?

di Gregorio Ceccone, educatore e formatore Kaloi

Arriva la notizia SHOCK che TERRORIZZA tutti!

Metabolismo lento? Scopri come perdere 2 taglie in 2 settimane!

Il bimbo inizia a respirare malissimo, poi arrivano i dottori: quello che scoprono è SCONVOLGENTE!

In questo articolo troverete la soluzione a TUTTI questi problemi!

 

Se cercate informazioni e notizie online o sui social media, sicuramente questi titoli vi suoneranno familiari. Ora che chiunque può pubblicare informazioni on-line semplicemente tramite smartphone, tablet o computer, sta diventando sempre più difficile riconoscere un’informazione fasulla da una veritiera. In un mondo in cui miliardi di persone utilizzano i social network e comunicano online diventano fondamentali le competenze per decodificare ciò che leggiamo o vediamo. Imparare e sviluppare queste capacità è importante sia per gli adulti che per i più giovani: tutti veniamo influenzati da quanto riportano i media, che siano tradizionali (televisione, radio e stampa) o nuovi (comunicazione on-line).

Ma perché nasce una notizia falsa?

Inizialmente le fake news si diffondevano in siti che guadagnavano in base al numero di click che riuscivano ad ottenere. Per suscitare un maggiore interesse di pubblico, utilizzavano la tecnica di pubblicare titoli dai toni esageratamente pomposi e con informazioni spesso fasulle, generando così nei loro siti un flusso di ingenui curiosi. La stessa dinamica avveniva per i troll on-line; nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali, si tratta di un soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi. Questi soggetti creavano delle pagine che generavano l’indignazione dei navigatori, caduti nella trappola del troll. Cliccando, insultando, generano traffico e monetizzazione per il possessore del sito che successivamente può rivendere lo spazio cambiando identità al sito. La stessa dinamica avviene nell’epoca dei social media in cui vengono create delle pagine Facebook, Instagram, Twitter contenenti notizie fasulle o troll. Queste pagine traggono vantaggio dal sensazionalismo delle loro notizie e dal flusso costante di persone.

Grisù il cane che ha difeso la sua famiglia da una rapina ad opera di nordafricani sarà abbattuto per ordine del giudice…vero o falso?

La maggior parte dei bambini e degli adolescenti cercano informazioni sui social, quindi dovrebbero imparare a leggere le informazioni in modo critico: è un’abilità da imparare!

Anche i bambini possono cominciare a riflettere su alcuni punti fondamentali di educazione ai media. Sarà compito dell’adulto essere da modello educativo ed aiutare i giovani ad essere pensatori critici rispetto agli input che ricevono dalla rete. Ecco alcune domande che sarebbe utile considerare ogni volta che voi e i vostri bambini incontrate un’informazione o uno spezzone tratto da qualche media:

  • Chi ha fatto questo – video, informazione, gioco, brano…?
  • Chi è il pubblico di riferimento?
  • Chi ha pagato per questo prodotto? Oppure, chi viene pagato se clicco su questa pagina?
  • Chi potrebbe beneficiare o essere danneggiato dal messaggio che viene trasmesso?
  • Cosa non tratta, o viene lasciato fuori da questo messaggio? Potrebbe essere importante?
  • Ti sembra credibile quanto siamo guardando/leggendo/ascoltando? Cosa ti fa pensare?

I ragazzi un po’ più grandicelli potrebbero essere interessati ad imparare alcuni “trucchi del mestiere” per individuare le notizie false. Provate a chiedere loro come riconoscono un’informazione falsa on-line o un sito non affidabile. Potete, per esempio, condividere con loro questi semplici suggerimenti:

  • Nel sito che stai visitando cerca se sono presenti URL o nomi di siti insoliti: spesso appaiono come legittimi siti di notizie, ma non lo sono. Ecco qualche esempio: Gazzette, Corriere del Corsaro, Il Matto quotidiano… (una lista più esaustiva la trovi qui: http://www.bufale.net/home/the-black-list-la-lista-nera-del-web)
  • Cerca segni di scarsa qualità della notizia o dell’articolo come: titoli con refusi o errori grammaticali, affermazioni “forti” senza che siano citate le fonti, immagini sensazionalistiche (donne sexy e immagini molto forti o violente sono popolari sui falsi siti di notizie). Questi sono indizi che devono renderti scettico riguardo alla notizia.
  • Controlla la sezione “Su di noi” di un sito. Scopri chi supporta il sito o chi è associato ad esso. Se queste informazioni non esistono – e se il sito richiede di registrarsi prima di poter imparare qualcosa sui suoi sostenitori – bisogna chiedersi perché non siano trasparenti.
  • Controlla su Google, Wikipedia, Butac, Snopes prima di fidarti o condividere le notizie che sembrano troppo buone (o cattive) per essere vere.
  • Controlla le tue emozioni. Siti di fake news e clickbait cercano le reazioni “estreme” dello spettatore. Se le notizie che stai leggendo ti hanno fatto veramente arrabbiare o sei completamente d’accordo su quanto riportato può essere un segnale che stai cadendo nella trappola del clickbait o del commento impulsivo. Controlla sempre più fonti prima di fidarti.

In questi anni la scuola sta promuovendo diverse azioni educative per lo sviluppo di competenze mediali per gli studenti. Questo è sicuramente un contributo molto importante all’interno di tutta la complessa questione educativa al digitale. Ma lasciato solo può fare molto poco. È importante che noi adulti siamo i primi a mettere in pratica le indicazioni qui sopra riportate per cercare di non essere portatori di una viralità dannosa di informazioni fasulle.

Social Media e Terrorismo. Pensare o Pregare?

Angela Biancat, Social Media e Community Manager

Gregorio Ceccone, educatore e formatore Kaloi

 

Sentimenti forti non possono che pervadere il nostro cuore in queste ore di paura. L’Europa non è più abituata a subire tali devastazioni e l’intelligenza collettiva on-line esprime come può dolore, sbigottimento e solidarietà.

In questi giorni tutti ci sentiamo allagati emotivamente da un flusso di stimoli e impulsi differenti: informazioni, video, chiacchiere, che provano a descrivere un sentire comune, fatto di paura e dolore.

E’ molto difficile controllare le nostre “pance” e rimanere critici verso le nostre azioni. Tutto può essere scritto e detto di getto. Istintivamente.

In questo momento delicato conviene fermarci, respirare e capire cosa stiamo provando, facendo e accettando.

Tornare a pensare prima di agire.

Riflettere, prima di accettare suggerimenti e manipolazioni. Stare attenti ai dettagli, a piccoli cambiamenti che sembrano inezie di fronte al male della guerra. Piccoli cambiamenti che “ci piovono addosso” e quasi non si notano, tanto sembrano banali. Piccoli cambiamenti come le impostazioni della privacy di Facebook, che vengono aggiornate senza alcun preavviso.

 

La goccia scava la roccia

Il 14 novembre, il giorno dopo gli attentati di Parigi, Facebook ha operato due manovre che a nostro avviso non devono passare inosservate.
Sappiamo che da quando possediamo uno smartphone la nostra concezione di privacy è cambiata. Ma ci teniamo ad evidenziare una piccola grande sfumatura tecnica accaduta in queste ore.

Diversi  amici (reali) nella nostra rete di contatti vivono a Parigi: Catherine, Ornella, Alberto, Joanna. Catherine e Joanna hanno pubblicato quasi subito loro notizie: rassicuravano coloro che chiedevano dove fossero e come stessero, attraverso l’utile strumento del SafetyCheck. Ornella e Alberto, invece, per parecchie ore dopo gli attentati non rispondevano ai messaggi, non comunicavano né su Facebook né su altri social network… Stavano semplicemente dormendo nelle loro case.

Dall’Italia eravamo preoccupati, controllando l’elenco presente nella nuova funzione abbiamo notato un avviso accanto al loro nome: “non è nella zona degli attentati, sta bene”. A distanza di ore è arrivata la conferma del SafetyCheck, attivata di loro pugno: “E’ stato confermato che Alberto e Ornella stanno bene durante Attacchi Terroristici a Parigi”.

La prima informazione, cioè il fatto che non fossero nella zona degli attentati, era reperibile su Facebook all’insaputa degli interessati.

1

Facebook evolve ogni giorno, con modifiche a livello di programmazione di cui non sempre veniamo messi al corrente. Questa piccola modifica, avvenuta in un momento di emergenza, ci fa accettare un’opzione senza aver avuto il tempo e le energie per riflettere sulle sue conseguenze.

Chi ha il permesso di condividere pubblicamente la mia posizione ad un intero network  composto da un miliardo e mezzo di persone, anche se a fin di bene? Qual è il limite da non valicare?

Ci torna alla mente quanto successo nell’aprile 2010, quando Facebook inserì un cambiamento nella gestione della privacy degli utenti: le persone non erano più in contatto con gli “amici” soltanto all’interno dello spazio di Facebook, ma anche su siti web e applicazioni esterne. Di conseguenza, i nostri dati personali relativi comparivano su questi spazi. Facebook propose una politica dell’opt-out invece che dell’opt-in: anziché garantire la scelta di aderire o no ad un servizio o ad una nuova regolamentazione, ci ha obbligato a toglierci da una o dall’altra opzione. Un lento ma inesorabile declino del rispetto della privacy, di cui la maggior parte degli utenti non verrà mai a sapere. Molti altri, pur venendone a conoscenza, sceglieranno di non far nulla per proteggerla.

Pray for world?

A meno di 12 ore dalla strage viene data la possibilità di “colorare” con il tricolore francese la propria foto profilo.

Pochi giorni prima dei fatti di Parigi, un attentato a Beirut, di cui si è parlato molto poco nei Social network. Ad agosto in Thailandia. Ad aprile in Kenya. Perché (quasi) nessuno di noi ha cambiato la propria immagine profilo con la bandiera di questi paesi? Perché Facebook non ha suggerito questo cambiamento?

2Secondo noi, perché siamo tutti tasselli che vanno a costituire l’immagine e l’identità del Social Network. L’identità di un brand viene decisa a tavolino da amministratori e investitori, che decidono il pensiero di chi fa parte di questo sistema? In buona parte sì.

Non sarà un aggiornamento di stato a cambiare il mondo se a questo non seguirà un’azione pensata fuori dallo schermo. La pressione di un milione di partecipanti al gruppo Facebook e di un milione di email inviate al Primo Ministro può essere contenuta facilmente dai governi.

Dobbiamo riflettere su quali siano i nostri valori, e soprattutto su quali vogliamo trasmettere alle persone che ci circondano. Tra queste, ricordiamoci che ci sono le nuove generazioni, che guardano a noi come modello educativo sia nella nostra vita off-line che in quella on-line.

Come adulti dobbiamo essere in grado di gestire le nostre emozioni e contare almeno fino a 10 prima di accettare un cambiamento del contesto digitale che ci circonda; riflettere, perché siamo noi stessi parte del cambiamento, e con i nostri “mi piace” e le condivisioni contribuiamo ad influenzare l’opinione pubblica. Abbiamo una grande responsabilità e quindi un grande potere, da gestire con attenzione.

Ora, mentre stiamo scrivendo, un nuovo pulsante è comparso sopra la barra della chat di Facebook, un pulsante che ci permette di dare priorità ai nostri contatti in base alla loro geo-localizzazione. Un’altra opzione non richiesta. Un altro cambiamento che influirà nella quotidianità di milioni di persone. Accettare passivamente questi cambiamenti vuol dire accettare una visione del futuro.

3

DOBBIAMO informarci, ed educare le giovani generazioni  ad informarsi su quanto accade loro. Ad utilizzare questi strumenti con consapevolezza, restituendo loro la possibilità di scegliere.

 

 

 

 

 

Angela Biancat Social Media e Community Manager, collabora come freelance con associazioni, enti e privati nella pianificazione delle strategie di comunicazione web dei loro progetti e nella gestione dei canali social.

Tiene corsi sul corretto utilizzo dei social media e sulla consapevolezza online, rivolti a lavoratori, giovani e over50, in enti di formazione delle province di Udine e Pordenone.

Gregorio Ceccone Formatore, educatore, curioso. Queste le tre parole per descrivere Gregorio. Educare ai Nuovi Media per lui significa promuovere un ambiente formativo sereno e svincolato dagli stereotipi e dalle paure per accompagnare i nuovi cittadini digitali.

Esperto nel settore dell’E-learning e della Media Education collabora diverse realtà educative e formative in molteplici campi: dalla scuola, alla strada, al web.

 

Translate »