Social Media e Terrorismo. Pensare o Pregare?

Angela Biancat, Social Media e Community Manager

Gregorio Ceccone, educatore e formatore Kaloi

 

Sentimenti forti non possono che pervadere il nostro cuore in queste ore di paura. L’Europa non è più abituata a subire tali devastazioni e l’intelligenza collettiva on-line esprime come può dolore, sbigottimento e solidarietà.

In questi giorni tutti ci sentiamo allagati emotivamente da un flusso di stimoli e impulsi differenti: informazioni, video, chiacchiere, che provano a descrivere un sentire comune, fatto di paura e dolore.

E’ molto difficile controllare le nostre “pance” e rimanere critici verso le nostre azioni. Tutto può essere scritto e detto di getto. Istintivamente.

In questo momento delicato conviene fermarci, respirare e capire cosa stiamo provando, facendo e accettando.

Tornare a pensare prima di agire.

Riflettere, prima di accettare suggerimenti e manipolazioni. Stare attenti ai dettagli, a piccoli cambiamenti che sembrano inezie di fronte al male della guerra. Piccoli cambiamenti che “ci piovono addosso” e quasi non si notano, tanto sembrano banali. Piccoli cambiamenti come le impostazioni della privacy di Facebook, che vengono aggiornate senza alcun preavviso.

 

La goccia scava la roccia

Il 14 novembre, il giorno dopo gli attentati di Parigi, Facebook ha operato due manovre che a nostro avviso non devono passare inosservate.
Sappiamo che da quando possediamo uno smartphone la nostra concezione di privacy è cambiata. Ma ci teniamo ad evidenziare una piccola grande sfumatura tecnica accaduta in queste ore.

Diversi  amici (reali) nella nostra rete di contatti vivono a Parigi: Catherine, Ornella, Alberto, Joanna. Catherine e Joanna hanno pubblicato quasi subito loro notizie: rassicuravano coloro che chiedevano dove fossero e come stessero, attraverso l’utile strumento del SafetyCheck. Ornella e Alberto, invece, per parecchie ore dopo gli attentati non rispondevano ai messaggi, non comunicavano né su Facebook né su altri social network… Stavano semplicemente dormendo nelle loro case.

Dall’Italia eravamo preoccupati, controllando l’elenco presente nella nuova funzione abbiamo notato un avviso accanto al loro nome: “non è nella zona degli attentati, sta bene”. A distanza di ore è arrivata la conferma del SafetyCheck, attivata di loro pugno: “E’ stato confermato che Alberto e Ornella stanno bene durante Attacchi Terroristici a Parigi”.

La prima informazione, cioè il fatto che non fossero nella zona degli attentati, era reperibile su Facebook all’insaputa degli interessati.

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Facebook evolve ogni giorno, con modifiche a livello di programmazione di cui non sempre veniamo messi al corrente. Questa piccola modifica, avvenuta in un momento di emergenza, ci fa accettare un’opzione senza aver avuto il tempo e le energie per riflettere sulle sue conseguenze.

Chi ha il permesso di condividere pubblicamente la mia posizione ad un intero network  composto da un miliardo e mezzo di persone, anche se a fin di bene? Qual è il limite da non valicare?

Ci torna alla mente quanto successo nell’aprile 2010, quando Facebook inserì un cambiamento nella gestione della privacy degli utenti: le persone non erano più in contatto con gli “amici” soltanto all’interno dello spazio di Facebook, ma anche su siti web e applicazioni esterne. Di conseguenza, i nostri dati personali relativi comparivano su questi spazi. Facebook propose una politica dell’opt-out invece che dell’opt-in: anziché garantire la scelta di aderire o no ad un servizio o ad una nuova regolamentazione, ci ha obbligato a toglierci da una o dall’altra opzione. Un lento ma inesorabile declino del rispetto della privacy, di cui la maggior parte degli utenti non verrà mai a sapere. Molti altri, pur venendone a conoscenza, sceglieranno di non far nulla per proteggerla.

Pray for world?

A meno di 12 ore dalla strage viene data la possibilità di “colorare” con il tricolore francese la propria foto profilo.

Pochi giorni prima dei fatti di Parigi, un attentato a Beirut, di cui si è parlato molto poco nei Social network. Ad agosto in Thailandia. Ad aprile in Kenya. Perché (quasi) nessuno di noi ha cambiato la propria immagine profilo con la bandiera di questi paesi? Perché Facebook non ha suggerito questo cambiamento?

2Secondo noi, perché siamo tutti tasselli che vanno a costituire l’immagine e l’identità del Social Network. L’identità di un brand viene decisa a tavolino da amministratori e investitori, che decidono il pensiero di chi fa parte di questo sistema? In buona parte sì.

Non sarà un aggiornamento di stato a cambiare il mondo se a questo non seguirà un’azione pensata fuori dallo schermo. La pressione di un milione di partecipanti al gruppo Facebook e di un milione di email inviate al Primo Ministro può essere contenuta facilmente dai governi.

Dobbiamo riflettere su quali siano i nostri valori, e soprattutto su quali vogliamo trasmettere alle persone che ci circondano. Tra queste, ricordiamoci che ci sono le nuove generazioni, che guardano a noi come modello educativo sia nella nostra vita off-line che in quella on-line.

Come adulti dobbiamo essere in grado di gestire le nostre emozioni e contare almeno fino a 10 prima di accettare un cambiamento del contesto digitale che ci circonda; riflettere, perché siamo noi stessi parte del cambiamento, e con i nostri “mi piace” e le condivisioni contribuiamo ad influenzare l’opinione pubblica. Abbiamo una grande responsabilità e quindi un grande potere, da gestire con attenzione.

Ora, mentre stiamo scrivendo, un nuovo pulsante è comparso sopra la barra della chat di Facebook, un pulsante che ci permette di dare priorità ai nostri contatti in base alla loro geo-localizzazione. Un’altra opzione non richiesta. Un altro cambiamento che influirà nella quotidianità di milioni di persone. Accettare passivamente questi cambiamenti vuol dire accettare una visione del futuro.

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DOBBIAMO informarci, ed educare le giovani generazioni  ad informarsi su quanto accade loro. Ad utilizzare questi strumenti con consapevolezza, restituendo loro la possibilità di scegliere.

 

 

 

 

 

Angela Biancat Social Media e Community Manager, collabora come freelance con associazioni, enti e privati nella pianificazione delle strategie di comunicazione web dei loro progetti e nella gestione dei canali social.

Tiene corsi sul corretto utilizzo dei social media e sulla consapevolezza online, rivolti a lavoratori, giovani e over50, in enti di formazione delle province di Udine e Pordenone.

Gregorio Ceccone Formatore, educatore, curioso. Queste le tre parole per descrivere Gregorio. Educare ai Nuovi Media per lui significa promuovere un ambiente formativo sereno e svincolato dagli stereotipi e dalle paure per accompagnare i nuovi cittadini digitali.

Esperto nel settore dell’E-learning e della Media Education collabora diverse realtà educative e formative in molteplici campi: dalla scuola, alla strada, al web.

 

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