AAA Pedagogista Cercasi: mondo scuola e nuove emergenze educative

di Arianna Ferlin, pedagogista e formatrice Kaloi

A chi ha la buona abitudine di leggere quotidiani o articoli sul web non sarà sfuggito il recente sondaggio, presentato dall’Ordine degli Psicologi del Veneto, in cui i cittadini della regione si sono espressi a favore della presenza permanente della figura dello psicologo all’interno delle scuole (oltre il 60% degli intervistati). Così, visto che qualsiasi notizia che contenga la parola SCUOLA accende in me una irrefrenabile curiosità (e, diciamocelo, anche una trepidante speranza in un suo futuro migliore), mi sono resa conto che questi articoli si prestavano a farmi riflettere su più fronti: da una parte sono felice che la scuola sia un tema “sulla bocca” di molti e che si ritorni a pensare e a valutare quali siano le necessità di un’istituzione spesso bistrattata dai politici di turno e da una società che non ripone più in essa le proprie speranze  (anzi, spesso la vede come un contenitore in cui scaricare le proprie “colpe”); dall’altra parte, però, mi ritrovo, da pedagogista ed ex insegnante, a pensare a quanto il mondo della scuola stia perdendo la bussola che l’ha sempre fatta navigare in mari più o meno tempestosi: l’educazione.

Dov’è finita l’educazione, quell’orientamento pedagogico che è azione e pensiero assieme?

 

Quando è stata messa in soffitta prediligendo la clinica e la tecnica didattica? Non fraintendetemi, amo la psicologia e ritengo sia una scienza importantissima per rendere completa una riflessione globale sui meccanismi che coinvolgono la scuola e chiunque ne faccia parte…ma la psicologia nulla può, se a muovere i fili non vi è la didattica viva, quel profondo bisogno di mettere al centro la relazione, la reciprocità e di vedere ogni studente e ogni insegnante nella sua unicità e al tempo stesso nella sua globalità!

Probabilmente anche per questo lo scorso dicembre è finalmente venuta alla luce la Legge 2443 (Legge Iori), che sancisce riconoscimento professionale, regolamentazione e tutela alla professione di educatore e pedagogista, professioni dalle origini antichissime, ma che hanno dovuto attendere il 2017 per vedere riconosciuta “ufficialmente” la propria importanza .

Ciò che è certo è che la Pedagogia non ha atteso un Decreto per operare laddove vi è più bisogno di lei: la scuola! Una scuola che al giorno d’oggi si trova davvero in una situazione di emergenza educativa e i numerosi fatti di cronaca ne sono la dimostrazione (accanto ad alunni con disabilità, vediamo il dilagare di episodi di bullismo, le difficoltà di alunni con disturbi dell’apprendimento, ADHD, svantaggio socio-economico, linguistico, culturale e l’altalenante integrazione di studenti stranieri). Insomma, la scuola è davvero messa a dura prova! Ma possiamo anche dire che la scuola nasce proprio da e per questo: se tutto fosse facile, se esistessero solo studenti “perfetti” (utopia fortunatamente irraggiungibile!) non avrebbe motivo di esistere, visto che l’ideale educativo che persegue per sua natura è quello di creare, per dirla alla Lombardo Radice, “personalità umane complete ed originali”. Questo sarà possibile solo se la scuola spalancherà le porte alla pedagogia, quotidianamente, senza grosse rivoluzioni, ma compiendo piccoli passi, giorno dopo giorno, verso la comprensione dei reali bisogni formativi di bambini e ragazzi, bisogni che sono in continua evoluzione, travolti dai vorticosi cambiamenti sociali, economici, culturali, digitali… generazionali!

Ecco allora che i pedagogisti e gli educatori, quando verrà data loro la possibilità di vivere quotidianamente l’esperienza scolastica come parte integrante del sistema scolastico, potranno affiancare (senza mai sostituire) gli insegnanti, nella creazione di programmi didattici e progetti calati sulla reale necessità educativa e preventiva; solo così potranno mirare a sviluppare davvero le potenzialità degli studenti, perché i loro sono progetti nati dall’osservazione, dall’esperienza concreta, dalla formazione continua e dall’aver rivolto lo sguardo proprio alla meravigliosa, seppur complessa, globalità e unicità di ciascuno!

Insomma, nella pratica può davvero essere utile alla scuola la figura del pedagogista? Io credo fermamente di sì! Poiché la pedagogia converge per sua natura verso la scuola, attraverso  azioni educative che facilitino il percorso di apprendimento, la consulenza alle famiglie, l’orientamento dei ragazzi nella scelta del loro futuro, la progettazione di interventi di prevenzione del disagio e della dispersione, l’individuazione precoce delle difficoltà di apprendimento, la stesura di PDP calati sullo studente a partire dai suoi punti forza e da obiettivi realistici e monitorati nel tempo.

La nostra scuola ha bisogno, più che di essere “curata”, di essere guidata, sostenuta, progettata!

Forse tutte queste parole hanno aggiunto ancor più domande su cosa rappresenti oggi la figura del pedagogista. Se così fosse ne sarò contenta, perché solo ponendoci nuove domande si potrà dare vita ad un nuovo modo di concepire la scuola, che  potrà tendere ad un grande obiettivo, ovvero (“rubando” una citazione a Jean Piaget) “creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto”.

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