I bambini hanno bisogno di regole?

Echo-photoGentile Massimo, volevo condividere con te un momento di sconforto: nel corso pre-parto che sto seguendo è previsto anche un incontro con una psicologa per il rapporto madre-figlio. Ovviamente ha chiesto delle opinioni a chi, come me, aveva già bimbi a casa e quando ho espresso alcune idee del corso Genitori in Regola sono stata letteralmente attaccata e fatta passare per una madre non attenta ai bisogni del proprio figlio. Il concetto era che i capricci non esistono e che le regole non servono a nulla anzi! Che il bambino ha solo bisogni e che con le regole (figuriamoci le sanzioni…sembrava una parolaccia) noi lo mortifichiamo e ci disinteressiamo di lui… puoi immaginare il mio stato d’animo nell’esser così attaccata di fronte ad altre 20 persone. Comunque la riflessione che ne ho tratto, superato il disagio della situazione, è che essere una minoranza (anche educativa) è sempre scomodo e che le idee degli altri per quanto “urlate” non sono per forza le migliori o quelle con la verità in tasca. Ho quindi apprezzato ancora di più il tuo lavoro perché l’ho trovato non solo rispettoso degli altri e pacato ma soprattutto coraggiosamente svolto in un contesto culturale e lavorativo non favorevole. 

Grazie, Silvia

risponde Massimo Caccin, counsellor e formatore Kaloi

Prima reazione, a caldo: “Dimmi tu se una mamma in gravidanza deve essere trattata in questo modo!” Sì, perché sono convinto che quella che definiamo “Comunità Educante”, in tutte le sue articolazioni (compresi i corsi pre-parto), non dovrebbe giudicare ma essere di sostegno, di conferma e punto di riferimento per chi avrà il privilegio di accogliere, amare, educare e far crescere responsabilmente le generazioni future fin dai primi anni di vita. Fin dai primi vagiti. Ma non sempre succede. Fortunatamente, Silvia è una donna forte e strutturata, e l’episodio da lei descritto, pur spiacevole, non l’ha mandata completamente in tilt; però quello che è capitato a lei potrebbe capitare ad ognuno di noi, e in vari ambiti.

Dopo averle risposto in privato, continuo a riflettere. Emozioni e temi sollevati dalla sua mail sono molti e rilevanti. L’onda di repulsione provocata dalla “parolaccia” regole riflette la confusione, il disorientamento e il mal-orientamento nel mondo adulto.  Cercherò di mettere un po’ di ordine, sperando che le mie considerazioni possano servire a stimolare un pensiero che dilati l’orizzonte educativo piuttosto che restringerlo. Lungi da me la presunzione di spiegare tutto, non è possibile qui. L’argomento è troppo vasto.

Le Regole sono un argomento interessante ma “ostico”. Estremamente vicino alla vita delle persone: tutti vi siamo “immersi”, anche se non ne siamo consapevoli (un po’ come pesci nell’acqua). Le regole hanno a che fare con la nostra storia interiore, facile o difficile da raccontare, con ferite suturate o ancora aperte, con le esperienze vissute negli anni e la professione che svolgiamo.

Provate a chiedervi: “Quanto sono importanti per me le regole e il loro trasferimento ai figli per un’educazione sana e responsabile? Da 0 a 10, che importanza do a questo tema?” Io 11, forse.

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Se voi invece avete dei dubbi sulla necessità delle Regole e soprattutto su ciò che la mancata educazione alle regole comporta, andate a confrontarvi, serenamente e umilmente, sui comportamenti documentati dall’osservatorio quotidiano delle educatrici delle Scuole dell’Infanzia, degli insegnanti delle Scuole Primarie e Secondarie, di chi è deputato a mantenere l’Ordine Pubblico, o si sforza ogni giorno di far rispettare il Codice della Strada… avrete allora molti esempi delle conseguenze di una mancata trasmissione di regole sociali, dovuta a un fraintendimento: pensare che i figli (piccoli o grandi che siano) abbiano solo bisogni da soddisfare; anzi, che siano solo “agglomerati di bisogni”, e non serva loro, per crescere, anche una spina dorsale che li sostenga.

È un fraintendimento comune nella nostra società, in cui il “Codice Materno” ha sostituito il “Codice Paterno” nell’educazione dei figli. Mi spiego meglio: Codice Materno e Paterno non significano necessariamente “codice usato dalla mamma” e “codice usato dal papà”, indicano modi di essere. Modi di mettere in atto la relazione educativa, di amare i propri figli e operare perché diventino Cittadini del Mondo Autonomi, Responsabili e Agenti di Scelta per il bene di sé e degli altri. Le maiuscole non sono un errore ortografico.

family-webQuando uomini e donne educano i propri figli, scelgono di entrare in relazione con loro. Lo possono fare con l’ascolto, prestando attenzione alle emozioni, offrendo gesti di cura e protezione: chiamiamo questo Codice Materno, anche quando è il padre a utilizzarlo. A volte, invece, i genitori si centrano sull’azione. Si mettono in relazione con il figlio cercando di definire il problema, propongono un modello, incoraggiano l’autonomia, pongono limiti, regole e sostengono una direzione, nonostante il figlio batta i piedi. Chiamiamo questo Codice Paterno, anche quando è la madre ad attuarlo.

Ognuno di noi è naturalmente portato a relazionarsi prevalentemente con il Codice Materno o Paterno. Ma entrambi i Codici educativi hanno un valore essenziale, sono necessari. Entrambi contengono in sé una possibile deriva negativa, per eccesso o per difetto. L’assenza di cura e attenzioni è rischiosa quanto l’eccesso di cura e attenzioni. L’assenza di limiti, di autonomia, di direzione è rischiosa quanto un eccesso di regole, di prove di vita, di autonomie precoci, di costrizioni. L’educazione è questione di equilibrio, consapevolezza e scelta.

I Codici sono entrambi necessari, nella giusta misura e in misura diversa, a seconda dell’età del bambino: più è piccolo e più viene utilizzato il codice materno; ma quello che è opportuno con un neonato non lo è con un bambino di uno, cinque, dieci, quindici anni. L’utilizzo dei codici varia anche in base al numero dei figli: io ne ho tre. E non è la stessa cosa gestire una famiglia da tre persone o da cinque. Anche il numero ha il suo valore e il suo significato.

Ripeto: l’educazione è questione di equilibrio, consapevolezza e scelta.propositi-2012-equilibrio-152333_L

Basta guardasi intorno per capire che nella nostra società questo equilibrio è alquanto precario, ed è il Codice Materno ad aver preso il sopravvento: tornate alla mail di Silvia, quando scrive che “essere una minoranza (anche educativa) è sempre scomodo”.

Le Regole sono scomode per chi non le rispetta, per chi non accetta di mettersi sulla strada della riflessione, di un possibile cambiamento, perché comporta fatica.

E comporta fatica – la fatica educativa – anche quando le poniamo come genitori!

Anche Amare è “fatica”. Perché devi sempre chiederti cos’è il “bene” per l’altro e per te, e poi scegliere.

Scegliere anche di andare contro corrente.

Scegliere anche di creare una frustrazione a un figlio perché lui quel “bene” non ce l’ha ancora chiaro. Infatti gli adulti siamo noi, la “Comunità Educante” siamo noi.

L’Amore “accomodante” non risolve tutti i problemi della vita; l’Amore accondiscendente, sempre e comunque, fa danni. L’Amore è “pieno” quando è Responsabile. E permette all’altro di crescere.

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