Era mio padre

di Paola Breseghello, counsellor, cultrice di scrittura autobiografica LUA, formatrice Kaloi

Papà sta morendo. Sono al suo fianco, lo osservo mentre riposa.  Ogni tanto si sveglia dal torpore di morfina, è infastidito dal ribollìo della vaschetta d’acqua per l’ossigeno, chiede di eliminare quel rumore. Papà, non ti sembra il suono delle bombole nelle nostre immersioni? Ricordi, papà?  Sembra di essere sott’acqua… Sorride e si addormenta. Sogna sereno, papà! Sogna il tuo mare…

Prendo carta e penna, vorrei fermare pensieri, emozioni, riflessioni. Sto frequentando la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, mi porterà a scrivere la storia della mia vita.

L’imprevisto e repentino aggravarsi di papà arriva lungo questo mio percorso. E’ stato come essere presa in una doppia spirale, una trivella che gira e scende in cerca di frammenti da ordinare, da ricomporre in una figura da guardare con occhi nuovi, adulti.

Era proprio vero?  Mia madre era stata un’eroica educatrice solitaria, mio padre dedito esclusivamente al lavoro e alle sue passioni? Così era tramandato nella nostra mitologia familiare. Ripercorro la strada, cerco di sgombrarla dagli intralci di aneddoti cristallizzati, dai rocciosi ricordi familiari, dalle letture preconfezionate da altri. Scrivo.

E’ notte, ho tre  anni. Sono in braccio a mamma, su quella sedia di fronte alla finestra.  Mi tiene una mano a coppa sull’orecchio che fa tanto male. Sento il suo tepore, mi fa bene. Mi parla e mi distrae.  Papà è fuori nella notte, in cerca di una Farmacia per me.    Messaggio: ci sono per te, mi prendo cura di te insieme a tua madre.  Per quanto stanco, a qualunque ora ci sarò.

E’ domenica a Milano.  Il piazzale sembra enorme, è circondato da alte mura.  Sono attaccata ai vestiti di mamma, i colpi esplodono ininterrottamente. Vedo schiene di uomini divisi da separé, sparano nella stessa direzione.  Uno di loro è il mio papà. Esegue ogni movimento rituale in silenziosa concentrazione. Guarda l’arma, la rigira tra le mani, la carica, tira su lentamente il braccio spostando le gambe così, punta immobile e spara, spara, spara.  Poi riposa e riprende. Più e più volte. E’ intenso, instancabile, attraente, potente, eroico.  Strizzo gli occhi a ogni  colpo di pistola.

Messaggio: sono maschio, sono padre, fatto il mio lavoro ho uno spazio per me, passioni nate prima di te e che ti racconterò, se vorrai. A volte non mi devi proprio disturbare, lo stesso farò con te.

E’ una notte di luglio a Guello, nella nostra casetta nel verde. Siamo tutti e cinque davanti a un televisore in bianco e nero, mi sembra enorme. Papà si agita sulla sedia, si mangiucchia le unghie, si alza e si risiede e continua a ripetere “Pazzesco! Incredibile! Ma vi rendete conto? E’ il sogno dell’umanità da sempre…”.  E’ eccitato, è commosso, non l’ho mai visto così e lo guardo incantata. Più della TV.  Sento attraverso lui che l’evento è straordinario. E’ papà il mio ricordo dello sbarco sulla luna.    Messaggio:  non smettere mai di stupirti, trasmetti il tuo pensiero e le emozioni senza nasconderle, fai vibrare la tua voce della passione che t’accende; solo così lascerai tracce indelebili. Questo è educare.

Sono adolescente e mamma mi racconta una storia di papà.  Un giorno si rende conto che qualcuno, in azienda, ruba dal suo portafogli lasciato nella giacca in ingresso. Progetta un allarme che suona nel suo ufficio appena qualcuno ne tocca le tasche. Pizzica il ladro con le mani nel sacco: un suo dipendente.  Lo licenzia?  No. Lo invita nel suo ufficio e gli chiede come mai lo facesse. Saputo delle sue difficoltà, gli aumenta lo stipendio. Diventerà uno dei suoi collaboratori più importanti. Di queste e altre azioni di aiuto a persone in difficoltà non parlava mai. Se gli chiedevi, si  scherniva borbottando.    Messaggio: ascolta le persone, figlia mia, dai sempre una seconda opportunità. Soprattutto quando hai potere cerca di essere indulgente e dai spazio e azione a quella fratellanza che ci unisce.  Senza tanti discorsi, agisci! e fallo con modestia.

Sono in cucina a fare i compiti, mamma è ai fornelli. Arriva papà, la abbraccia allegramente, la chiama “bagigia”, le palpa il fondoschiena, la bacia sul collo. Mamma finge di divincolarsi dicendo “cosa fai?” ma io vedo che è felice, così lo sono anch’io.    Messaggio: ama con passione, gioia, gioco e allegria, figlia mia. Non avere paura della tenerezza e dell’intimità. Non essere imbarazzata dell’amore gioioso davanti ai tuoi figli. Questo è educare.

Siamo in gommone, papà timona a tutta birra con espressione goduta, guardandosi  intorno.  Quando vede qualcuno fermo in mezzo al mare fissa il suo sguardo.  Nel dubbio rallenta, inverte la rotta, si avvicina e chiede “tutto bene?”  Fa lo stesso sciando, quando vede persone a terra. Lo stesso per strada, con le automobili a cofano alzato. Quante soste, con lui!     Messaggio: non siamo soli, figlia mia. Ci si aiuta e non si abbandonano le persone in difficoltà. Se puoi fare qualcosa, se sai fare qualcosa, mettiti a disposizione. Siamo tutti fratelli.

E’ capodanno a Moena, all’Hotel Leonardo.  Come ogni anno il rito si ripete piacevolmente sempre uguale.  Dopo i canti alpini sotto l’albero di Natale, ecco l’ultimo dell’anno. Le bottiglie di Ferrari in mano agli uomini, le esplosioni vivaci dei tappi a mezzanotte, i baci, gli evviva e i tavoli spostati sul fondo della sala.  Musica. Come sempre, è papà ad aprire le danze, il primo valzer con la signora Paola. Poi fa ballare le altre signore, per tutta la notte.     Messaggio: amo la vita, la gioia, la musica, il canto, la spensieratezza, la natura, i valori della montagna.  Amo stare con la gente, con persone care in luoghi cari, ridere, danzare. Ama tutto questo anche tu.

Ho preso la patente da pochi giorni e papà mi porta in garage. Mi insegna a cambiare una gomma bucata (mi raccomando! stringere a stella!); mi parla del livello dell’olio, del bollo, dell’assicurazione, del libretto, della constatazione amichevole, degli indicatori da tenere sotto osservazione. Mi dice “comprare un’auto è niente, i conti si fanno sul mantenimento…”. Mi sento grande, responsabile, importante, libera…    Messaggio:  ti dono ali forti rendendoti autonoma, ti insegno a saper fare da sola, mi fido di te, ce la puoi fare. Lascia perdere questa faccenda delle “cose da maschi”, è una stupidaggine.

E’ un periodo di crisi economica, uno dei tanti in Italia.  Papà è alterato, non ricordo perché. Forse fatture non pagate o nuove tasse.  A un certo punto esclama “Non ho paura, neanche del peggio! Ho avuto nulla, ho avuto molto, posso tornare al nulla! Basta che mi lascino un cacciavite e io ricomincio tutto da capo!”.   Messaggio:  la forza sei tu, figlia mia, quello che sei e sai.  Resisti e non avere paura. Puoi sempre ricominciare. Anche se perdi tutto, non perderai te stessa. Qualcosa succederà.

La storia che pensavo di conoscere è stata ri-scritta.  Una storia di valori e di educazione. Pochi dialoghi,  pochi discorsi (lasciati a mia madre). Era mio padre.

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