Un talento in crisi

Mio figlio Lorenzo di 15 anni gioca a calcio, è portiere in una squadra locale e tutti noi, allenatori e dirigenti compresi, crediamo possa avere un futuro in questo ruolo. Da qualche mese, però, lui non vuole più andare al campo, inventa scuse di ogni tipo per non allenarsi e anche in partita fa errori che prima non faceva. Cosa devo fare? Non voglio che abbandoni e rinunci a questa grande opportunità. Lui ha un grande talento.

Giovanna

risponde Lucilla Rizzini, life-career & sport coach

Cara Giovanna,

nella sua lunga lettera mi dice che Lorenzo ha iniziato ad allenarsi a 5 anni quando, vedendolo giocare con gli amichetti, avete intuito in lui la stoffa del portiere. Ha mani grandi, è naturalmente abile negli scatti, sa pre-vedere dove andrà la palla, molto raramente sbaglia. Mantiene la rete inviolata e porta la squadra alla vittoria. Negli ultimi dieci anni ha allenato la forza fisica con una gioiosa ed entusiastica pratica quotidiana.

Sembra che Lorenzo sia dotato di un talento. Allenatori e dirigenti confermano la vostra intuizione.

Presso gli antichi popoli del Mediterraneo il talento era un’unità di misura di peso (circa 35 chili) e di denaro, metallo prezioso pesato.  Un talento d’oro o d’argento era una ricchezza importante che gravava di responsabilità chi la possedeva. Nella
parabola del Vangelo viene premiato chi ha utilizzato i talenti di denaro ricevuti in custodia, facendoli fruttare. Viene criticato chi  li ha sotterrati, per non correre rischi.

Il talento sportivo (qualunque talento) è una dote innata. Se ne è provvisti in modo naturale, se non c’è non si può imparare. E’ un nostro punto di forza che viene riconosciuto dall’esterno, qualcosa di più profondo di una capacità, una parte di sé più radicale della passione.  E’ un valore che non dovrebbe essere disperso ma fatto gemmare e fruttare.

E’ meraviglioso poter individuare nell’infanzia la capacità, il talento che contraddistingue i propri figli. Per un ragazzo, però, può essere una responsabilità gravosa perché non ha gli strumenti per gestire questa dote, per incanalarla lungo la strada che tracci il suo destino di persona adulta.  Lorenzo sarà un eccellente giocatore amatoriale o un campione? Il calcio sarà la sua professione, la sua realizzazione?  Il ruolo degli adulti nei confronti dei giovani talentuosi è fondamentale, delicato e complesso.

Lorenzo è anche dotato di vocazione. Ha sempre giocato, sino a qualche mese fa, con passione, affrontando di slancio gli impegni sportivi. Con entusiasmo, ispirazione, costanza e divertimento.

Talento e vocazione: la stoffa del campione.

Ed ora che succede? Lorenzo è in crisi, “inventa scuse di ogni tipo”, “fa errori mai fatti prima”, “non vuole più andare  al campo per gli allenamenti”. E’ de-motivato. Né il successo, né la prospettiva di fama (e guadagni) sportivi, né la gioia di giocare con amici sembrano muoverlo più verso il campo da calcio. Verso quegli impegni e fatiche che ha affrontato, con gioia, per tanti anni.

Come atleta e coach sportivo so che i momenti di crisi come quelli di Lorenzo hanno una loro storia, possono avere significati diversi ed esiti opposti. A volte sono occasione per ritrovare radici forti, per proseguire con maggiore determinazione, affrontando le fatiche e le difficoltà richieste dall’impegno sportivo; a volte, al contrario, sono opportunità per riconoscere di appartenere ad altro,  per ridefinirsi e orientarsi verso una propria direzione più autentica. Sono momenti di vita difficili da affrontare nella solitudine del proprio disorientamento, spesso emozionalmente ambivalente (desiderio e rifiuto, amore e odio). Richiedono un affiancamento, un accompagnamento.

Lorenzo ha 15 anni, non è un adulto. A maggior ragione ha bisogno di qualcuno che sappia esserci, nella giusta misura.  Sarebbe triste che Lorenzo proseguisse, a tutti i costi, “per fare contenti i genitori” (gli allenatori); sarebbe, d’altronde, un vero peccato che abbandonasse un’attività appassionante per una crisi che potrebbe avere “solo” bisogno di ascolto, sostegno e incoraggiamento per essere superata.  Lorenzo ha bisogno di una guida, un mentore che illumini il buio del suo disorientamento. Forse potreste essere voi genitori, forse no. Dipende dalla storia della vostra relazione, che non conosco. Da come vi porrete con lui. Dipende dal fatto che, in ogni caso, è difficile vedersi chiaramente di fronte ai genitori: anche il figlio più “difficile” vorrebbe accontentare e rendere orgogliosi mamma e papà. Non deluderli.

Voi genitori potreste provare a porre a Lorenzo (con cuore aperto) due semplici domande: cosa ti rende felice, in questo momento? Cosa ti farebbe alzare, senza sforzo, alle 5 del mattino?

Questo aiuterà lui e voi a comprendere le sue priorità, in questo passaggio di vita. Gli stimoli legati alla passione, alla felicità sono quelli più interni, profondi, che guidano le nostre scelte.

Lorenzo parlerà del suo sport? Di una ragazza? Degli amici? E’ un adolescente, è bene ascoltarlo e accoglierlo. La parte più difficile viene dopo, se la risposta non fosse quella attesa.

Giovanna, lei potrebbe scoprire che Lorenzo ha ancora entusiasmo in quello che fa ma ha (solo) bisogno di allentare i ritmi, di dare spazio ad altre dimensioni di sé. Potrebbe scoprire che il passaggio alle superiori ha posto nuove sfide che Lorenzo vuole fronteggiare, distribuendo energie tra impegni diversi e importanti.

E’ meglio spingere, assecondare, imporsi o lasciar fare?  Una risposta buona per tutte le situazioni non c’è.  Potrebbe domandarsi, in tutta onestà: chi vuole che Lorenzo diventi un campione? Di chi è questo obiettivo? e orientare le sue scelte in base alla risposta. Accettando responsabilità, opportunità e rischi di ogni possibile scelta.

E’ naturale e giusto che siano i genitori a definire i sogni, gli obiettivi e i percorsi dei propri figli, quando sono piccoli. E’ altrettanto naturale e giusto trasferire nelle loro mani la capacità, la libertà e la responsabilità di definire e perseguire i propri sogni e progetti di vita adulta. E’ un processo lento e progressivo. Lorenzo non è più un bambino ma non è ancora adulto. Lei, Giovanna, ha molte direzioni possibili verso cui orientarsi.

Potrebbe scegliere di ripercorrere, in una chiacchierata con Lorenzo (magari di fronte ad un album di fotografie), la storia e i passaggi della sua passione sportiva; questa “ricostruzione” potrebbe aiutarlo a ricordare (riportare al cuore) i suoi valori, le sue motivazioni profonde. Potrebbe sostenere Lorenzo, incoraggiarlo a resistere, tenere duro, accettare la fatica e le rinunce, in funzione di una prospettiva che solo lei – come adulto – può intravedere. Al contrario, potrebbe sentire che è il momento di mollare. Lasciar fare, lasciare andare le cose e osservarne le evoluzioni, con fiducia. A volte è la scelta più saggia e lungimirante. Potrebbe scegliere di parlare con gli allenatori e affidare (soprattutto) a loro il compito di accompagnare Lorenzo in questa fase. Oppure potrebbe imporsi, se crede, accettando opportunità e rischi di questa scelta. Suo figlio, fra 20 anni, la ringrazierà? E’ possibile, come no. Potrebbe concordare, con Lorenzo, obiettivi intermedi: quest’anno mantieni l’impegno preso con tutta la squadra, poi faremo il punto.

Le ho indicato alcune direzioni, solo lei può scegliere: in quale si riconosce di più?

La ringrazio della condivisione e resto a disposizione dei vostri passi.

Buon cammino!

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