SOS compiti delle vacanze

Mio figlio, 9 anni, non ha mai voglia di fare i compiti … ogni giorno sono capricci, musi lunghi o  promesse che ne farà di più domani; dice che è stanco, che vuole giocare, vedere la TV, etc. Ho provato ad aspettare, a dargli fiducia, ma se non urlo lui non inizia nemmeno. E dopo meno di un quarto d’ora, già si lamenta e ci sono altre discussioni! Deve leggere un libro ma è chiuso sul comodino da quando l’abbiamo comprato. Cosa devo fare? Lasciargli godere le vacanze (e godermele anch’io…) o continuare a insistere? Non finirò col fargli odiare la scuola?

Laura

risponde Sabina Castelnuovo, pedagogista e formatrice Kaloi

Cara Laura,

ciò che racconti è simile a quanto avviene in tante altre case in questi giorni: puntuali come ogni estate, arrivano le vacanze scolastiche, e con esse i libri “consigliati” dalle insegnanti: simpatici opuscoli che vanno in genere dalle 60 alle 150 pagine, con copertine colorate, disegni divertenti … che a volte però si trasformano in un vero incubo per le famiglie!

Se ne occupano spesso anche i giornali, tanto che probabilmente nelle prossime settimane pubblicheranno articoli e inchieste intorno a questo tema, con titoli come: i compiti delle vacanze sono utili o no? Sono troppi? Troppo pochi? Sono noiosi? Poco interessanti? Di solito i pareri degli esperti (o presunti tali: a volte leggiamo interviste a cantanti, attori, calciatori) sono diversi, e così i genitori non sanno che pesci pigliare.

A mio avviso, tali discussioni lasciano un po’ il tempo che trovano: se i compiti sono stati assegnati vanno fatti. Punto. Non sono una punizione, ma un ripasso personale del lavoro svolto in classe, servono a “fare memoria” e a consolidare gli apprendimenti. È vero, a volte potrebbero esserci delle esagerazioni, dei carichi di lavoro sproporzionati. Ma allora sarebbe bene parlarne direttamente con gli insegnanti, nell’ottica di un’alleanza educativa, perché prendere decisioni in tal senso non spetta ai genitori, ma alla scuola.

Quello che spetta ai genitori è accompagnare i figli nella crescita, aiutarli ad affrontare la realtà, in questo caso ad accettare il fatto che i compiti ci siano, e che richiedano tempo, impegno e fatica (anche se legittimare l’importanza e la necessità della fatica nella nostra società così “easy” può sembrare impossibile!). Più che prediche, promesse di premi e minacce di punizioni, servono regole e organizzazione: la scelta più efficace consiste nel far entrare i compiti nella routine quotidiana. Certo, con flessibilità: il tempo delle vacanze è un tempo in cui tutto si dilata, i ritmi rallentano: ci si alza un po’ più tardi, si fa colazione con calma …  ma una certa strutturazione delle giornate rimane: dopotutto, anche in vacanza ci sono il pranzo e la cena, l’orario del gioco, quello dell’impegno (magari un po’ di collaborazione in casa: rifare il letto, innaffiare le piante o apparecchiare la tavola) e quello del riposo! Sicuramente nelle giornate dei bambini può trovare spazio un’oretta per i compiti, in un momento della giornata ben preciso, senza nulla togliere al relax, al divertimento e al gioco e anche al tempo vuoto, perché in estate di tempo ce n’è, e dovere e piacere possono convivere.

Certo, è difficile che un bambino abbia il senso di responsabilità e la capacità di organizzazione di un adulto, e con i piccoli va utilizzata quella che Roberto Gilardi chiama “amorevole coercizione”. Non è necessario usare la frusta, ma stabilire orari e tempi da dedicare allo studio: se i bambini si abituano a una scansione temporale precisa, decisa dal genitore, vi si adattano (a patto che il genitore sappia agire con fermezza senza cedere al primo “ma non ne ho voglia, oggi!”). Man mano che il bambino cresce, e cresce il suo senso di autonomia e di responsabilità, si passa alla mediazione, alla negoziazione: i genitori allentano pian piano le redini, proprio per favorire la capacità di scelta autonoma del figlio. Non esistono età prestabilite per farlo: c’è chi in seconda elementare già si sa organizzare e chi ancora alle medie ha bisogno della “supervisione” di un adulto. In questo lavoro è necessario affiancare il bambino, incoraggiarlo, motivarlo; aiutarlo se è in difficoltà, ma senza sostituirsi a lui.

Ultimo, ma non meno importante, i compiti delle vacanze possono servire a riscoprire le materie studiate a scuola. È vero, i genitori spesso devono fare acrobazie tra centri estivi, baby-sitter e nonni, ma solitamente in estate hanno più tempo per stare con i figli, e possono sfruttarlo anche per accrescere l’interesse verso una determinata materia. Come? Non facendo lezione (per quello ci sono gli insegnanti!), ma giocando e aiutando il  bambino a costruire legami tra quanto sta studiando e la realtà, per rispondere alla domanda implicita: “a cosa mi serve?”, che nasce davanti a un testo o a un problema da risolvere.

Così, le equivalenze acquistano un senso se devo preparare una torta e pesare gli ingredienti, o se devo misurare un salto in lungo sulla spiaggia; il calcolo mentale e le tabelline mi facilitano nelle partite a carte, o nell’andare al bar e scoprire se le monete che ho in mano bastano per un gelato o mi devo accontentare di un ghiacciolo; il nord e il sud non sono più teoria, ma mi servono per interpretare la mappa di un sentiero; posso visitare un museo, andare nei luoghi di cui parla il libro di storia e di geografia, fare qualche esperimento di  scienze; nulla vieta di andare insieme in biblioteca, o continuare a leggere a voce alta un libro al proprio bambino, anche se ha imparato la tecnica e sa ormai leggere da solo: sono tutte occasioni per stare insieme, condividere momenti preziosi (il famoso “tempo di qualità”) … e godersi le vacanze!

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